Ludovica Palmieri

Tre attrici meravigliose per uno spettacolo che poteva essere più coraggioso

A cosa serve essere belli dentro se poi non ci entra a nessuno, un omaggio da Amanda Lear?

Tre attrici meravigliose per uno spettacolo che poteva essere più coraggioso

Le premesse erano ottime per uno spettacolo che, nel titolo: A cosa serve essere belli dentro se poi non si entra a nessuno, adotta un esplicito richiamo ad una celebre e provocatoria frase di Amanda Lear. Donna indipendente, emancipata, fuori dagli schemi che, nella vita, ha portato avanti un’immagine femminile slegata dai canoni borghesi e antitetica al patriarcato.

Tre attrici e un attore

Sul palco tre attrici meravigliose: Lara Balbo, Francesca Anna Bellucci, Giulia Fiume. Coinvolgenti, e talentuose, oltre che bellissime e super sexy. Ancora sul palco, l’unico elemento maschile: Giacomo Stallone (di nome e di fatto, si sa, lo stallone è sempre uno) musicista e attore; anche lui, come le colleghe, bravo nell’eseguire dal vivo i brani inediti e, ca va sans dire, estremamente sexy. 

La platea e la rottura della quarta parete

Alla scenografia super scarna – composta solo da tavolino e sgabelli – fa da contrappunto un’originalissima disposizione della platea che scompagina le tradizionali sedute del teatro Lo Spazio, trasformandole in tavolini da bar e creando così una dinamica continuità tra scena e pubblico. Sin dall’inizio il coinvolgimento degli spettatori è massimo e si intensifica con l’interazione delle attrici con il bar del teatro (collocato nella medesima sala) in una ben studiata rottura della quarta parete che responsabilizza il pubblico, portato ad immedesimarsi nei panni delle protagoniste (anche se composto per larga parte da uomini). 

La meravigliosa prova attoriale delle tre attrici

A cosa serve essere belli dentro se nessuno entra
A cosa serve essere belli dentro se nessuno entra, il cast

Lara Balbo, Francesca Anna Bellucci e Giulia Fiume interpretano tre storiche amiche che parlano di uomini e che, sviscerando i loro rapporti amorosi, finiscono per scavare in loro stesse. Le tre attrici sprizzano energia e vitalità. Il ritmo è vivacissimo, grazie ai colpi di scena e alle efficaci trovate che colorano la narrazione. Dai piccoli giochi del linguaggio che caratterizzano ogni personaggio, alla coreografia di ballo con gli ombrelli; dal pianto con linguaggio sincopato e tradotto, al riferimento agli anni ’40. La pièce è davvero brillante e le protagoniste si rivelano bravissime non solo a recitare ma anche a dirigersi. 

I contenuti

Ma veniamo ai temi trattati. Al centro l’enorme questione delle relazioni di coppia eterosessuali, declinata in: gravidanza indesiderata; matrimonio fallito; sesso di gruppo; masturbazione, pornografia e sesso tantrico. 

Ora, se inizialmente questi argomenti vengono affrontati in modo interessante, ovvero in un’ottica che esula dalla morale di matrice borghese religiosa. Da metà spettacolo in poi iniziano a ripiegarsi su se stessi; per finirci a sguazzare proprio dentro a codesta morale. 

La nota dell’autore

Non posso fare a meno di soffermarmi sulla nota dell’autore Massimiliano Vado:

Non il solito spettacolo al femminile, seppure la composizione tragga in inganno, ma un’irriverente indagine negli abissi di un intimo che solitamente si fa meno fatica ad affidare agli uomini. La certezza è che in questo caso non si vogliono sottolineare distanze o discriminare generi, anzi, distribuirci com’è giusto su di un unico piano in cui, da bravi ‘esseri umani’, tutti e allo stesso modo, facciamo una enorme fatica a destreggiarci lungo il cammino della vita.”

A parte il fatto che qui uno stesso piano non c’è perché si affronta solo il punto di vista delle donne; poi mi colpisce l’espressione: “da bravi esseri umani”. Come se le tre protagoniste diventassero tali (bravi essere umani) dopo una sorta di percorso introspettivo che le porta a ricredersi rispetto agli assiomi di partenza. Per cui, se inizialmente volevano liberarsi da uomini inutili e rapporti fallimentari, col procedere dello spettacolo, finiscono per tornare sui loro passi, fino a capitolare in chiesa, davanti al prete a confessare i loro peccati.

Il giudizio

Quindi mi pare che il giudizio possa essere messo da parte solo nella misura in cui queste donne sospendano i loro desideri, aspirazioni e libertà. Anche perché, a quanto pare, secondo l’autore, una donna che preferisce stare da sola, rifiutando in maniera sana e affettiva situazioni di coppia umilianti e negative, rifiutando i ruoli di moglie e madre, è strana e non è normale. Insomma, nel migliore dei casi finisce con l’abbuffarsi in preda alle crisi depressive; altrimenti potrebbe facilmente diventare vittima abusata di qualche ciarlatano.

A mio parere il teatro è sempre politico

Premesso che non mi pare sia così, e parlo per esperienze personali e condivise. Ritengo che il teatro, anche quello comico e leggero, sia sempre politico e abbia il dovere di svolgere una missione culturale. Ora, dato il periodo che stiamo vivendo, con la Roccella che mette in discussione l’aborto; con i diritti in bilico; con i pestaggi fascisti; con le donne ancora ridotte a statuine e trofei; (per non parlare di immigrazione e eutanasia), riterrei doveroso cercare di sdoganare queste tematiche. Perché fare cultura, a mio parere, significa combattere battaglie di giustizia ed uguaglianza universali, anche se non ci toccano personalmente; dal momento che, mai come adesso, occorre sensibilizzare il pensiero e l’opinione pubblica. 

Comunque, al di là di queste mie considerazioni, devo dire che lo spettacolo è godibilissimo; ricco di trovate argute e brillanti messe in scena dalle tre attrici e dal versatile Stallone che passa con agilità dal vestire i panni del musicista a quelli di diversi personaggi. Con l’unica pecca, forse, di affrontare in maniera troppo semplicistica le questioni legate all’identità di genere. Perché, va bene il politicamente corretto, ma no, fortunatamente non siamo tutti uguali.

 

A cosa serve essere belli dentro se nessuno ci entra ph Matteo Nardone
Made with love for my friend Ludovica​