Ludovica Palmieri

Barbara Foria in “Volevo nascere scema”: un manuale di sopravvivenza per donne single in giungla urbana

Barbara Foria in “Volevo nascere scema

Come può sopravvivere al meglio una donna all’alba dei cinquant’anni, senza marito, senza figli, senza un lavoro convenzionale, senza suocera, senza gatto o cane, insomma senza sovrastrutture? In una società che, al contrario, è interamente costruita su di esse; assetata di etichette. Paradossalmente, proprio ora, nell’epoca della fluidità, non basta essere persone, occorre necessariamente definirsi, qualificarsi.

Volevo nascere scema

Barbara Foria in "Volevo nascere scema"
Barbara Foria in “Volevo nascere scema”

Ebbene, lo svela Barbara Foria in “Volevo nascere scema“, in scena al teatro Sala Umberto di Roma dal 17 al 29 maggio, con regia di Claudio Insegno e testi di Fabrizio Testini, Alessandro Clemente, Stefano Vigilante, Barbara Foria. Una sorta di manuale di sopravvivenza per donne diversamente giovani, nel mezzo della selva oscura, ovvero, della società contemporanea, in cui i rapporti interpersonali, specialmente con il diverso da sé, tra derive poliamorose, revival e serie Tv, si sono fatti piuttosto complicati.

L’attrice affronta, attraverso dialoghi – perché coinvolge sempre attivamente il pubblico – e spassose imitazioni: stereotipi, luoghi comuni e contraddizioni del periodo storico che stiamo vivendo, tra il post pandemico e il bellico. Tra Covid e vaiolo delle scimmie.

La libertà delle donne

La Foria, tocca, con coraggio – cazzimm* si direbbe a Napoli –  leggerezza ed ironia, anche argomenti delicati, come la libertà delle donne di non voler essere madri; i costi dei figli, in termini sia economici sia personali. L’attrice, sapientemente, alterna a questioni più pesanti, battute leggere; come nel caso dei rapporti madre – figli, le chat di classe, in cui le mamme sono coinvolte h24 e le infinite sedute di terapia a cui sono destinati i teneri bambini.

L’inclusione e fluidità

Barbara Foria in "Volevo nascere scema"
Barbara Foria in “Volevo nascere scema”

Ho trovato Barbara Foria audace nell’affrontare apertamente e senza peli sulla lingua il tema dell’omosessualità. Considerando il momento storico che vede, da una parte il DDL Zan affossato dalla politica; dall’altra, l’inclusione a tutti i costi, che si manifesta in alcune derive come l’introduzione della schwa. Desinenza politically correct che offre all’attrice partenopea lo spunto per rivendicare la genialità dei napoletani. Il napoletano, infatti, è dialetto inclusivo per eccellenza, che usa la schwa da sempre, precorrendo i tempi come sono i napoletani sanno fare.
Non mancano le battute sul sesso, sulle coppie, su Netflix, in un crescendo che culmina nell’importanza della risata come antidoto e come rimedio, perché solo ridendo si possono superare le difficoltà e mettere a tacere gli imbecilli.

La soluzione? Nascere scema

Infine, la conclusione. Più che amara direi consapevole. Perché l’attrice, alla fine, è costretta a riconoscere che l’intelligenza non ripaga e che, per sopravvivere in questa giungla contemporanea, l’unica soluzione per le donne smart è quella di nascere sceme o, in caso contrario, fingersi tali.

L.P.

Barbara Foria in "Volevo nascere scema"
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