Ludovica Palmieri

Ifigenia in Aulide al teatro Arcobaleno, un dramma senza tempo

Un uomo che vale davvero non cambia carattere quando arriva al potere

Un dramma senza tempo.

Alessandro Machìa porta in scena, al teatro Arcobaleno di Roma, “Ifigenia in Aulide”, ultima tragedia di Euripide, dimostrando la dirompente attualità di un testo che, pur risalendo alla fine del V secolo a.C., affronta tematiche attualissime, dal valore universale. Lo scontro tra personale e pubblico; tra l’affetto e la necessità; tra la brama di potere e il desiderio di famiglia.

Gli eroi demitizzati

L’opera di Euripide, rappresentata per la prima volta tra il 405 e il 399 a.C., nella versione di Fabrizio Sinisi, fa scendere gli eroi dal piedistallo, demitizzandoli. I protagonisti: Agamennone, Menelao, Achille, non hanno molto a che vedere con gli eroi senza macchia dei poemi omerici; sono personaggi prettamente umani, attenti solo a fare il loro interesse, preoccupati più dell’apparire che dell’essere. Si presentano, fin dal principio, come deboli e ambigui, pronti a cambiare opinione e a rinnegare giuramenti. Di contro, su questi gretti personaggi maschili, spiccano e si elevano le figure femminili del dramma: Clitemnestra e, in particolare, Ifigenia “nata forte”, cui spetta la soluzione della vicenda.

Ifigenia in Aulide, Alessandra Fallucchi
Ifigenia in Aulide, Alessandra Fallucchi e Roberto Turchetta. Foto di Manuela Giusto

La Clitemnestra di Alessandra Fallucchi

Clitemnestra, meravigliosamente interpretata da Alessandra Fallucchi, è lontana dall’ideale greco di donna sottomessa e remissiva. Nei confronti del marito Agamennone, un abilissimo Andrea Tidona, si mostra risoluta, consapevole e decisa a non lasciare che sua figlia si pieghi all’oracolo di Calcante, sacerdote poco stimato da tutti i personaggi in scena.

La Clitemnestra di Alessandra Fallucchi è una donna forte, orgogliosa, arrabbiata, che non teme il divino e scavalca il marito per interloquire direttamente con Achille e salvare la figlia; rivelando come, già nella tarda classicità, il sacro cominciava a perdere la sua potenza e a ridursi ad una convenzione. La figura di Calcante è presa poco sul serio, visto non tanto come temuto sacerdote ma quanto come semplice indovino, se non proprio ciarlatano. La forza del suo oracolo, infatti, non risiede nell’autorevolezza delle sue parole ma nella furia cieca dell’esercito che, come se fosse composto da bestie, freme per andare a combattere ed è sordo ad ogni altra ragione.

Andrea Tidona nelle vesti di Agamennone

Andrea Tidona è magistrale nei panni di un Agamennone caratterizzato da incertezze e ripensamenti. Inizialmente paralizzato dall’incapacità di agire, cede poi alla mera necessità, cercando di risolvere il dramma in modo tutt’altro che nobile, semplicemente scegliendo il “male minore”. Paolo Lorimer interpreta con sapienza Menelao, mettendone in risalto l’orgoglio e l’arroganza che si manifestano nella leggerezza con cui è disposto a barattare la nipote per Elena. Singolare e brillante la figura di Achille che, tra tutti i protagonisti, è il più distante dall’eroe che conosciamo.

Un inaspettato Achille

L’Achille di Roberto Turchetta è pavido e spaventato, a tratti persino buffo. Pur essendo stato palesemente offeso, strumentalizzato per un vile sotterfugio, rinuncia rapidamente alla rivendicazione del suo orgoglio davanti all’esaltazione folle delle truppe. Insomma, il coraggio, la rabbia e quella tracotanza superba che, nel poema omerico, fecero dipendere da lui le sorti dell’intera guerra di Troia, qui sono solo un pallido ricordo, perché persino i suoi Mirmidoni non sono disposti ad ascoltarlo.

Ifigenia in Aulide, Carlotta De Cesaris
Ifigenia in Aulide, Carlotta De Cesaris. Foto di Manuela Giusto

La figura di Ifigenia

Ebbene, in questo parterre di uomini debosciati, si staglia la figura di Ifigenia: Carolina Vecchia, che, unica nel dramma, affronta il suo destino a viso aperto. La fanciulla sceglie, deliberatamente e con fierezza, la morte per la gloria e il trionfo dell’Ellade e, proprio per questo, viene salvata in extremis dall’intervento di Artemide, deus ex machina, che ne sancisce l’apoteosi.

La danza della cerva

Al suo posto, una magnifica cerva, interpretata da Carlotta De Cesaris, viene sacrificata e la sua uccisione, rappresentata attraverso uno splendido, sentito e sincopato, assolo di danza contemporanea, arricchisce ulteriormente lo spettacolo.

Ifigenia in Aulide, Alessandra Fallucchi e Carolina Vecchia
Ifigenia in Aulide, Alessandra Fallucchi e Carolina Vecchia. Foto di Manuela Giusto

In questo finale aperto, il mistico cede il passo all’umano con l’ultimo incontro tra Agamennone e Clitemnestra che, ormai spogliati dai costumi regali, si trovano faccia a faccia, semplicemente come moglie e marito, carichi di quella tensione intrisa di odio che nasce dall’incompatibilità propria di molte unioni borghesi.

Il lavoro corale

Tutta la vicenda, sostenuta – proprio come vuole la tragedia greca – dal coro, composto da Lorenza Molina, Elisa Galasso, Carlotta De Cesaris e Chiara Scià; avviene sullo sfondo della scenografia essenziale di Katia Titolo, potenziata dal suggestivo gioco di luci di Giuseppe Filipponio che, grazie anche ai costumi di Sara Bianchi e ai suoni di Giorgio Bertinelli, contribuisce ad universalizzare gli argomenti trattati.

L.P.

Ifigenia in Aulide, Andrea Tidona e Alessandra Fallucchi
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