Ludovica Palmieri

Il Grande Grabski, cosa succede quando la psicoanalisi cede ai cliché

Il Grande Grabski

Il Grande Grabski, diretto da Paolo Vanacore, in scena al Teatro 7 Off è una commedia brillante ma non solo; dal momento che, parlando di psicoanalisi, affronta inevitabilmente tematiche di un certo calibro – dal rapporto di coppia a quello con i genitori – acquistando un retrogusto se non amaro, un tantino aspro. Tratto dall’omonimo testo di Marco Rinaldi, che ne ha curato l’adattamento per il teatro, Il Grande Grabski, tra una battuta e l’altra, quindi senza far perdere mai il sorriso, mette in discussione la stabilità della coppia e denuncia la truffa che molto spesso si cela dietro la psicoanalisi.

Quando la psicoanalisi inciampa nei cliché

IL GRANDE GRABSKI
IL GRANDE GRABSKI

In altre parole, la commedia svela come spesso tale disciplina sia esercitata da cialtroni. Strizza-cervelli ancorati a teorie ampiamente superate e del tutto inefficaci che, essendo molto più interessati alla parcella, piuttosto che alla salute dei pazienti, non hanno alcuna intenzione, né – tantomeno – capacità, di curarli.

L’ottimo cast

Lo spettacolo è recitato magnificamente, gli attori sono versatili e capaci. Certo, data la trama, le figure che emergono maggiormente sono quelle maschili. Maurizio, Toni Fornari, nel ruolo del marito /paziente è convincente e coinvolgente e, sorprendendo il pubblico, sfoggia doti canore da vero “one men show”. Riccardo Bàrbera è irresistibile nei panni dell’esilarante protagonista: il dott. Grabski; che,  trasforma in una vera e propria macchietta, caricandone sapientemente le caratteristiche: la parlata tedesca, gli occhi stralunati, i tic e gli spassosi leitmotiv. In altre parole, il Grabski di Bàrbera incarna a pieno tutti gli stereotipi dello psicoanalista psicotico, andando a comporre una divertente crasi tra Freud, Lacan e Jung, con relativi archetipi e dinamiche pulsionali.
Francesca, interpretata dalla travolgente Carmen di Marzo, pur svolgendo un ruolo di raccordo, è un personaggio chiave, in quanto motore dell’azione. Ogni volta che entra in scena scatena dei terremoti emotivi, proponendo nuove sfide e tematiche su cui riflettere. È lei che innesca la scintilla che porterà Maurizio a Grabski ed è sempre lei che, nella seconda parte dello spettacolo, lancia una nuova, spiritosissima, provocazione radical chic: l’orientalismo, tra yoga e meditazione, come soluzione per ritrovare la pace interiore, sostituendo lo psicoanalista con il guru.

Transfert e controtransfert

Insomma, tra Edipo, la Grande Madre e Cappuccetto Rosso; tra tentavi di transfer e controtransfert, Grabski, pasticcione più che competente, anziché risolvere i problemi ne crea sempre di più gravi, in un climax ascendente che, tuttavia, porterà se non alla guarigione quantomeno alla liberazione del paziente.

Il messaggio

Penso che, più che realizzare una disamina della psicoanalisi, l’intento dello spettacolo sia quello di mettere in discussione alcuni luoghi comuni; primo tra tutti l’idea di coppia come standard. Mettendo in evidenza quanto la, tanto decantata, normalità della coppia sia – in molti casi – disfunzionale, dal momento che induce le persone a stare insieme per convenienza e convenzioni più che per dei reali sentimenti. Come se la coppia, canonicamente intesa, oggi fosse solo un cliché ormai privo di senso, superato, che, in realtà, rischia di tradursi in una gabbia castrante e non costruttiva e potenziante come dovrebbe essere.

L.P.

IL GRANDE GRABSKI
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