Manola:
Due attrici. Un’interlocutrice immaginaria.
Anemone – Nancy Brilli e Ortensia – Chiara Noschese, due sorelle gemelle, rigorosamente eterozigoti, e con due weltanschauung diametralmente agli antipodi, ci raccontano la loro storia – districandosi in una giungla di stereotipi e luoghi comuni, in maniera talentuosa e divertente – rivolgendosi a Manola, interlocutrice immaginaria, terapeuta dell’occulto che, forse, potrebbe essere letta, da una parte come metafora dell’inconscio che elabora la realtà secondo il proprio punto di vista; dall’altra come quegli “strizzacervelli vecchia scuola” che fingono di ascoltare le libere associazioni dei pazienti senza mai intervenire, perché in realtà totalmente assenti e disinteressati.
Le protagoniste, Anemone e Orensia
Anemone, “bionda”, frizzante, leggera ed irriverente e Ortensia irsuta, rabbiosa, pesante e frustrata, affrontano in chiave ironica anche questioni complesse della vita: il rapporto con la religione, con la politica, con i genitori e con la loro scomparsa, fino a quello con gli uomini, su cui viene decisamente posto il focus. La relazione, infatti, rappresenta l’elemento scatenante che rompe e rovescia gli equilibri. Come se lo spettacolo intendesse dimostrare che, nonostante l’emancipazione, l’indipendenza e la vitalità, le donne si giocano tutto nel rapporto con gli uomini e che, purtroppo, spesso perdono quando non sono in grado di interromperlo al momento giusto. Nello stesso tempo, lo spettacolo ci mostra invece come le sane separazioni e i rifiuti di relazioni tossiche in nome dell’amor proprio e della propria identità, inneschino dei meravigliosi processi di rinascita, facendo sbocciare la donna in tutta la sua potenza e realtà.
Manola, un testo sempre attuale
Manola è un testo di Margaret Mazzanitini del 1999 ma estremamente attuale. Attraverso le metamorfosi fisico-emotivo delle due sorelle, interpretate davvero magistralmente dalle attrici che cambiano radicalmente nel corso dello spettacolo, dimostra come non ci si debba mai lasciare andare, facendosi annientare dalla prepotenza e dalla violenza silenziosa di un altro essere umano che, spesso, è il partner.
Tra i commenti del pubblico c’è chi ha detto che lo ha trovato uno spettacolo stranamente “maschilista” per essere stato scritto da una donna. Secondo me, proprio perché scritto da una donna, lo spettacolo usa volutamente toni forti, un tantino scurrili. Dal momento che, solo esasperando al massimo le situazioni può mettere davvero in guardia gli spettatori, dimostrando, sempre con il sorriso, come nella vita non si debba mai dare nulla per scontato. Ovviamente, tutto questo è possibile grazie alle due attrici in scena che compiono una vera e propria metamorfosi emotiva oltre che fisica
La metamorfosi di Anemone…
Nancy Brilli si rivela davvero efficace. Prima nei panni della “bionda”, superficiale “che aderisce ad ogni dettaglio della vita”. Ove, il termine “aderire” è più che mai azzeccato, per la capacità dell’attrice di rendere il personaggio non solo con la voce, squillante e cristallina, e con le battute, impertinenti e – a tratti – naif; ma con tutto il suo corpo che le obbedisce perfettamente, zompettando da una parte all’altra del parco, sprizzando esuberanza e vivacità. Poi nei panni della moglie repressa e rassegnata, che arriva a biascicare e a trascinarsi presa dall’alcol.
…e quella di Ortensia
Chiara Noschese, è travolgente ed estremamente esilarante nel suo essere pessimista, pesante, cupa, all’inizio. Caratterizzata da un cinismo che rasenta il sadismo, da una rassegnazione talmente oscura da non toccare l’invidia, ma semmai il disprezzo per ciò che è diverso; in particolare la sorella.
Poi, la trasformazione, pur mantenendo quell’aura radical chic e quel velo di cinismo, Orensia si scopre. Ma non voglio dire di più.
Il linguaggio come sintomo di cambiamento
Il dettaglio che accomuna questi processi di cambiamento – di evoluzione e regressione, potremmo dire – sta nel linguaggio. Praticamente, lo stato di benessere mentale – e, quindi fisico – delle protagoniste è massimo quando riescono a pronunciare la parola cul*. Come se la libertà di parola fosse sinonimo di libertà di essere.
Lo spettacolo o meta-spettacolo – nella misura in cui riprende il concetto di metateatro – con regia di Leo Muscato, al teatro Il Parioli di Roma dal 18 al 22 maggio, dimostra come per le due sorelle il conflitto interno non si risolva tanto con la tradizionale psicoterapia, che nell’accezione freudiana del termine, viene qui aspramente criticata, attraverso una forte ed irriverente parodia che culmina nello scandaloso ed assordante silenzio di Manola. Ma nell’emancipazione dal sesso “forte”, perché la donna è veramente tale solo quando sa stare senza un uomo.
L.P.