Ludovica Palmieri

Moana Pozzi: oltre il voyeurismo maschile

Settimo senso di Ruggero Cappuccio, diretto da Nadia Baldi e magnificamente interpretato da Euridice Axen, è un’opera di grande qualità. Caratterizzata da una scrittura profonda, ricercata e poetica che, mi pare, non intenda tratteggiare l’immagine di una Moana forte, consapevole e politicamente impegnata; quanto, piuttosto quella di una donna quasi vittima del destino carica di paure e fragilità.

Euridice Axen: alter ego di Moana

Euridice Axen è Moana Pozzi in Settimo Senso. Ph Tommaso La Pera
Euridice Axen è Moana Pozzi in Settimo Senso. Ph Tommaso La Pera

Euridice Axen, sola sul palco del teatro Parioli, domina la scena, con un vaporoso abito di tulle rosso vedo/non vedo e delle scarpe scintillanti, dal tacco vertiginoso, con cui “gioca”, seducendo il pubblico. L’attrice, che interpreta perfettamente il personaggio, dalle movenze languide e la voce vellutata, conduce un dialogo immaginario, che poi si risolve in un monologo, con un uomo misterioso. Presenza/assenza, percepita più come una minaccia che come un sollievo, data l’amara consapevolezza di non potersi fidare di nessuno.

La Moana di “Settimo Senso”

La Moana Pozzi di “Settimo Senso” appare come una donna sola, quasi smarrita, che riflette sulla vita e sulla società, con la libertà che si può avere soltanto dopo la morte che definisce come “un passaggio dal sonoro al muto” (ma che, in realtà, lei ebbe anche in vita, come dimostra il suo libro). E nel fluire dei pensieri rivela una natura ambivalente, giudicante. Come se, nello spettacolo, l’essere socialmente impegnata facesse fatica a convivere con il suo passato e riuscisse a manifestarsi soltanto negandolo.

Il linguaggio 

Come sempre è una questione di linguaggio. La Moana di Cappuccio esprime la sua condanna sulla società con frasi come: “Se tutto ciò che è porno è immorale, allora tutto ciò che è immorale è porno.” E ancora: “La parola fottere è centrale nelle attività di partito. Assicura il piacere del singolo ma non lo trasmette agli altri.” Si definisce “moralista pornografica” e condanna le ingiustizie del mondo, dalla corruzione alla fame, definendole “pornografiche”. In pratica, mi pare che la Moana qui descritta attribuisca un valore negativo al sesso e alla sessualità; mentre, in vita, li aveva sempre considerati come fonti di una potente energia vitale.

Moana Pozzi una donna dirompente

Ora, sicuramente ho poca esperienza di pornografia e conosco Moana Pozzi solo per via indiretta. Tuttavia, da quello che ho potuto ascoltare, soprattutto attraverso la ficcante puntata del podcast Morgana di Michela Murgia a lei dedicata, devo dire che Moana Pozzi mi sembra lontana dalle parole di Nadia Balbi: “Moana Pozzi è divenuta nell’immaginario collettivo un autentico paradigma della donna oggetto accerchiata dalle spregiudicate esigenze commerciali dell’industria pornografica e dalla distorta concezione sessuale derivata dal maschilismo imperante.”

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Oltre il voyeurismo maschile

Nel senso che, mi pare evidente come Moana Pozzi sia stata una figura rivoluzionaria, non un semplice oggetto del voyeurismo maschile.

Per quanto si possa o non possa apprezzare o condividere la pornografia, è fuori di dubbio che Moana abbia portato avanti la sua carriera con la massima dignità, dimostrando di essere non solo una grande imprenditrice di se stessa, ma anche una grande donna che ha addirittura saputo proporre, o quanto meno allargare, la visione di femminismo; fino a dichiarare in un’intervista: “Le femministe, quelle stupide, mi accusano di essere una donna oggetto perché nel mio lavoro di pornostar mi presto a tutte le fantasie sessuali degli uomini, che poi sono anche quelle delle donne. Io invece non mi sento usata e mi piace rappresentare il sesso in tutte le sue forme. Per me la donna oggetto è la casalinga che lava cuce, stira e cucina per la famiglia, molto spesso con poche gratificazioni.”

L’impegno politico

Inoltre, non tralascerei che nel 1987 entrò in politica, fondando il Partito dell’Amore ed affermando in un’intervista: “Io ho sempre fatto politica con i miei spettacoli. Da sempre perché i miei spettacoli per me non sono mai stati soltanto un modo per esibirmi o per guadagnare denaro; è sempre stata una forma un po’ di protesta contro la mentalità borghese della gente che mi ha infastidito fin da quando avevo 14 anni, quindi in memoria di quello ho continuato a portare avanti il mio discorso, facendo gli spettacoli, i film; mettendo la mia popolarità al servizio di cose che mi sembrano importanti.”
In particolare, si spese per l’abolizione della censura, quindi degli articoli 527 e 528 del codice civile; la promozione dell’educazione sessuale; la riapertura delle case chiuse.
Nel ’91, in un’Italia in cui finalmente le donne si stavano emancipando, si concesse il matrimonio con Antonio Di Cesco, suo ex autista e diede alle stampe il libro: “La filosofia di Moana” in cui stilò le pagelle di tutti i suoi numerosi, nonché famosi, amanti, suscitando scandalo e scalpore.
Ancora nel ’91, Mario Verger ne fece la protagonista di un cartone animato, rappresentandola come una sorta di Alice nel paese delle meraviglie.

Al di là dei fraintendimenti

Nel 1993 si candidò come sindaco di Roma e conquistò le passerelle. Poi nel 1994 la prematura scomparsa.

Come osserva Michela Murgia, sulla base di alcune osservazioni della pornodiva, che dichiarò di non sapersi immaginare dopo i cinquant’anni: “In questo suo immaginarsi solo se guardata c’è molto dell’equivoco che la riguarda. E anche del suo fraintendimento come donna e come artista” di cui, forse, risente anche questo spettacolo, che dipinge una Moana dalla sensibilità romantica, in cerca di comprensione e condivisione, sullo sfondo di una costiera amalfitana bella in modo “osceno” per usare una parola cara alla protagonista.

Insomma, se in vita aveva definito la sua attività politica e di protesta sociale; qui arriva a dire “Il mio corpo è stato un distributore di oblio. Oppio innocente di chi cercava morbosità dove non c’era” affermazione che forse conferma, ciò che emerge anche dalla sua biografia, ovvero che lei ricalcò solo apparentemente il cliché della donna oggetto, perché, in realtà, in vita, nessuno riuscì mai davvero a catturarla.

L.P.

Settimo Senso, ph Salvatore Pastore
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